Una delle principali necessità che abbiamo in qualità di professionisti, manager, titolari d’impresa, collaboratori, etc. è quella di saperci misurare.
Tanti sono gli strumenti che abbiamo a disposizione per stabilire di che pasta siamo fatti, ma di certo, il primo passo, è desiderarlo e non temere di scoprirlo. Anzi, ogni occasione deve diventare buona per scoprire, con curiosità e coraggio, la nostra essenza.
Ispirandomi alla matrice BCG, creata negli anni 70 dal Boston Consulting Group e utilizzata per classificare le aree strategiche di affari, mi sono impegnato a creare un modello molto intuitivo e stimolante attraverso il quale, con un po’ di istintiva autoanalisi, possiamo muovere i primi passo nel coinvolgente mondo del self empowerment.
Proprio così, lo scopo principale sarà quello di scattarci un “selfie auto valutante” e di trasformare l’immagine che ci viene restituita in un video che, dinamicamente, ci farà tendere al miglioramento.
Scoprire i punti di forza e le nostre aree da migliorare è la base per dipingere la nostra curva evolutiva per raggiungere la famosa X sotto la quale troveremo ad attenderci il tesoro. Un tesoro che, come avrete intuito, è già dentro di noi.
La matrice dello sviluppo personale è formata da quattro diverse aree che si compongono mettendo in relazione il livello delle proprie competenze (hard skills) e quello delle attitudini (soft skills) sviluppate attraverso i percorsi di studio insieme alle esperienze lavorative e, ovviamente, alla predisposizione biologica che connota le nostre potenzialità.
Se fossimo stati illuminati o fortunati durante la nostra vita di studio e lavorativa, avremmo potuto godere di una crescita bilanciata di queste due componenti e quest’oggi ci troveremmo nell’area di massima performance.
Ma sappiamo bene che non sempre la crescita personale risulta equilibrata perché tendiamo a seguire istintivamente le nostre predisposizioni e quindi ad essere, ad esempio, molto riflessivi orientandoci alle competenze e alla verticalizzazione del sapere dimenticando di allenare le attitudini di relazione (trovandoci di fatto nell’area del potenziale inespresso), oppure ad essere particolarmente portati alla relazione, rischiando di avere poca concentrazione nell’approfondimento del sapere stesso (finendo automaticamente nell’area dell’approssimazione).
Se fossimo assorbiti nelle sabbie mobili della mancanza di stimoli, bloccheremmo ogni tipo di crescita sia competenziale che attitudinale e ci ritroveremmo inevitabilmente nell’area della stagnazione.
A questo punto la domanda è d’obbligo: in questo momento della tua vita professionale, in quale area credi di essere?
Nello schema successivo ho tracciato alcune linee ipotetiche che identificano come, dinamicamente, ci siamo ritrovati nella condizione che oggi determina il nostro stato.