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Penso, dico, faccio: la coerenza comunicativa a favore dell’impresa e dell’evoluzione personale

Il tema della comunicazione è affascinante e molte volte, essendo vasto come un oceano, ti fa perdere la rotta: è facile iniziare a trattare un tema specifico per poi ritrovarsi “fuori tema”, trascinati dalla corrente della curiosità.

Vi sono modelli e schemi comunicativi che si sormontano, skills da potenziare, assiomi che affondano le radici nel più profondo e illuminato passato e una serie di argomenti deduttivi o trasversali che rendono la comunicazione una ragnatela di sensazioni e tecniche dove è plausibile rimanere affascinati, intrappolati e financo soggiogati.

Vi sono però delle regole auree che si innalzano sopra ogni concetto e applicazione: una di queste è la coerenza.

È come se, seguendo questo filo conduttore, si potesse dipanare la matassa fatta di mille informazioni e sfumature che compongono la scienza comunicativa.

Se qualcuno volesse acquisire l’arte del comunicare, potrebbe studiare per una vita intera, ma senza il coraggio di rendere tutte le tecniche acquisite aderenti al proprio “sentire” e coerenti con il proprio fare, potrebbe, nonostante la grande ambizione, non giungere mai ad essere definito un comunicatore.

Comunicare significa riversare in un contenitore condiviso il nostro sapere, vedere, sentire, pensare e fare. La comunicazione è la capacità di interagire arricchendo il contenitore di cose nuove, intriganti, belle, stimolanti, ma soprattutto oneste.

L’onestà non è solo sincerità ma è, appunto, coerenza cioè capacità di arrivare fino in fondo a difendere una propria idea, senza scadere nella difesa ad oltranza di un’ideologia o di una posizione di convenienza.

Per rendere efficace la coerenza comunicativa dobbiamo ricorrere a un sillogismo stimolante: “Penso a ciò che dico, quindi faccio ciò che ho detto”.

In questa breve frase viene condensato il migliore modello comunicativo: l’assertivo, perché è proprio quando mi sento in dovere di mettere in atto ciò che ho promesso che prima di comunicare penso.

Penso se ciò che prometterò potrà essere mantenuto. Vi sono ambiti, come quello politico, dove tale assioma è impossibile da sostenere. Perché?

Per il semplice fatto che si vive di compromesso, cioè viene sviluppata un’attività comunicativa rispetto a un problema che non tiene conto solo del problema, ma di molte altre variabili che con il problema non c’entrano nulla. Ad esempio la rielezione. Non posso esprimere coerenza comunicativa pragmatica, perché devo tener conto dell’impatto che la mia esposizione potrà avere sull’elettorato.

Tradisco l’espressione di un’idea per amore di un’ideologia… e di voti.

Non voglio introdurre un dibattito socio-politico, ma quello espresso è l’esempio più efficace che mi sia passato per la mente. Soprattutto in questo difficile momento storico, dove le decisioni politiche impattano senza filtri (e con meno scappatoie) sulla nostra vita privata e aziendale.

Quindi entriamo nel mondo del business. In azienda per essere più precisi. Nella vostra azienda per essere super focalizzati.

Indipendentemente dal vostro ruolo, come comunicate all’interno?

Vi adeguate alla massa e vi fate influenzare per quieto vivere o condivisione forzata?

Siete “bastian contrari” e qualsiasi cosa venga detta dovete contestarla?

O, ancora, i concetti da voi espressi nascono solo a causa della posizione che rivestite al fine di esprimere coerenza di ruolo che talvolta potrebbe soffocare le vostre idee o intuizioni?

Ed infine, siete tra quelli che, per arrivare all’obiettivo, manipolano tramite la comunicazione?

In questi esempi provocatori sono di fatto celate le quattro principali tipologie di comunicazione che in forma schematica vi riporto di seguito al fine di stimolare la vostra curiosità e permettervi di individuare quale modalità solitamente utilizzate e quali sfruttano le persone a voi vicine in ambito personale e aziendale.

 

Passivo: Io non OK tu OK

  • Rinuncia a esprimere le proprie idee
  • Ha paura di offendere
  • Teme di essere criticato/a
  • Compiace, protegge
  • Lascia decidere gli altri
  • Non si difende
  • Evita conflitti o contrapposizioni forti

 

Aggressivo: Io OK tu non OK

  • Impone le proprie idee
  • È intollerante, giudicante, interpretativo/a
  • Riconosce i propri diritti, ignora quelli degli altri
  • Ipervaluta se stesso/a e sottovaluta gli altri
  • Ricatta, minaccia, usa l’intimidazione

 

Manipolativo: Io non OK tu non OK

  • Altera, distorce, trasmette in modo parziale e non pertinente, nel luogo o nel momento sbagliato le informazioni
  • Seduce, dissimula emozioni e sentimenti, attribuisce pensieri, desideri, intenzioni, stimola sensi di colpa, di inadeguatezza, di vergogna, di vulnerabilità, di orgoglio, di prestigio

 

Assertivo: Io OK tu OK

  • Riconosce e fa valere i propri diritti e riconosce e rispetta quelli degli altri
  • Esprime le proprie posizioni, senza ansietà non necessarie, senza tentare di prevaricare gli altri
  • È libero/a di scegliere come relazionarsi
  • Discrimina e contestualizza
  • Rispetta le regole di cortesia, di cooperazione e di reciprocità

 

Come vedete comunicare non significa solamente acquisire delle tecniche, capire i momenti, esprimere empatia, studiare i grandi comunicatori del passato o i moderni public speaker.

Significa innanzitutto scoprire chi si è.

La comunicazione che si basa sulla coerenza del

  • Penso bene al concetto che devo esprimere,
  • Lo esprimo al meglio per essere compreso,
  • Faccio ciò che ho detto,

si chiama onestà e spesso scatena un conflitto interiore che si esprime in ognuno di noi: la fragilità dell’essere se stessi, la potenza dell’esprimere la propria essenza.

Quante volte non concordavate su una certa linea di condotta aziendale sia essa strategica, produttiva, finanziaria o commerciale ma non avete mosso un muscolo per esprimere la vostra opinione? Quante volte avete contrastato una bella idea solo perché non era vostra?

Nella mia esperienza da imprenditore e consulente ho vissuto troppe volte queste incoerenze e troppe volte si sono rivelate fatali per le aziende. Sapete perché?

Per il semplice motivo che un’azienda funziona bene se tutti coloro che compongono la sua ricchezza più grande (il capitale umano), sono devoti alla causa comune: l’evoluzione dell’azienda stessa.

Non sto affermando che si debba esprimere una cieca obbedienza, ma è proprio comunicando onestamente il proprio pensiero ogni volta che si è chiamati in causa, orientandolo al bene comune (non all’inutile e capriccioso egoismo) che un’azienda si trasforma in impresa.

 

Stefano Pigolotti