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Intraprendenza #2 – Collaborare: la via migliore per ripartire

Molte persone sono convinte che nell’ambiente di lavoro sia fondamentale creare sinergia propositiva per raggiungere obiettivi sempre più sfidanti.

Anche io sono d’accordo, ma credo che sia una delle attività più complicate in assoluto. Non è possibile liquidare il suo approfondimento con un aforisma illuminante, ma è necessario analizzare le diverse variabili che rendono difficile l’affiatamento del gruppo di lavoro.

 

Quali sono le variabili che determinano una sinergia propositiva all’interno del team?

Il temperamento di ogni singolo membro

Possiamo senza dubbio affermare che questa è la variabile più importante: è proprio nella diversità di ognuno di noi che si genera la più completa ed efficace emanazione del lavoro di gruppo.

Ovviamente, nell’espressione della propria essenza attraverso il temperamento, risiede anche la criticità maggiore che potrebbe, laddove non correttamente gestita, trasformare una splendida sinergia in avvilente conflitto.

 

Le competenze e le attitudini del singolo

Ognuno dei partecipanti del gruppo porta in dote competenze operative (hard skills) e attitudini trasversali (soft skills) che sono l’espressione pragmatica del suo essere. Anche in questo caso serve la delicatezza e la disponibilità dei partecipanti a poterle “incastrare” nel modo più fluido ed efficace possibile.

 

L’obiettivo del gruppo

Il gruppo deve avere una duplice finalità. La prima è quella di raggiungere un obiettivo comune che sia chiaro per tutti, accessibile e sfidante. La seconda è l’obiettivo del singolo, la sua evoluzione personale, che potrà raggiungere grazie al successo emanato dal gruppo.

Tali obiettivi sono di fatto il punto di riferimento, la stella polare che deve orientare il gruppo, soprattutto nei momenti di difficoltà perché ambire allo stesso traguardo è la forma motivazionale più forte che il team possa utilizzare.

 

La filosofia operativa

Questa variabile ha un’emanazione sentimentale che identifica il collante del gruppo, cioè il motivo profondo per cui si lavora insieme. Avere gli stessi valori e saperli esprimere durante lo svolgimento delle mansioni, agevola l’appianamento delle esasperazioni conflittuali e permette un’interazione basata sulla complicità dello stesso sentire.

 

Le regole di ingaggio interne ed esterne

Per agevolare l’efficacia operativa del gruppo che si basa su un sentire comune, che ha obiettivi condivisi, che accetta le diversità come ricchezza, è inevitabile porre delle specifiche regole che tutti dovranno non solo osservare, ma contribuire a rendere attive anche per chi non ha l’immediatezza di porle in essere.

Sapere quando è il momento che una figura si attivi nel suo contributo rispetto al termine dell’attività sviluppata dal collega, non può sempre essere lasciata all’intuito e alla sensibilità dei membri, ma deve essere coordinata tramite la strutturazione di regole precise e condivise.

 

La gestione dei conflitti

È inevitabile che all’interno di un team possano nascere dei conflitti. Laddove gli stessi risultassero sterili o basati prevalentemente sull’egoismo, sono da affrontare da parte del leader o di tutto il gruppo in modo frontale al fine di dissipare subito tensioni che risultano disgreganti.

In altri casi invece, i conflitti propositivi sono un’ulteriore ricchezza derivante dalla diversità di vedute che, se ricondotti nella logica di confronto proattivo, permettono al gruppo di raggiungere risultati che vanno al di là di quanto preventivato.

 

La gratificazione comune e individuale

Quando si sviluppa qualsiasi tipo di attività, vi è la possibilità di essere soddisfatti (banale raggiungimento di un obiettivo) o gratificati (raggiungimento di un obiettivo che porta con se il trasferimento nei confronti dell’altro di emozioni oltre che si attività pratica).

Il lavoro di gruppo è assolutamente orientato alla gratificazione interna basata sullo scambio di emozioni generato dalla condivisione della stessa fatica. Vi è quindi una gratificazione comune che permette il raggiungimento di un risultato ma, allo stesso tempo, il gruppo spesso permette la crescita personale del singolo, generando in lui il compiacimento di essere parte integrante di un progetto e di godere della propria evoluzione grazie all’appartenenza.

 

L’amalgama di queste variabili, come potete immaginare, è veramente complicata da generare perché molte sono le sfaccettature da tenere in considerazione nella creazione di un team.

Vi sono dei gruppi di lavoro che avranno diverse priorità tra le variabili sopra descritte rispetto al lavoro che sono chiamati a fare. In alcuni casi, ad esempio, potrebbe essere l’obiettivo che diventa prioritario perché già assegnato, evidente e chiaro.

In altri casi potrebbe essere lo spirito di aggregazione che prima genera la fusione di intenti relazionali per poi individuare obiettivi specifici condivisi.

In ogni caso le variabili sopra citate dovranno essere tutte considerate, donando loro il giusto peso rispetto alla motivazione alla base della creazione del gruppo.

 

Entrando più nel dettaglio, quali caratteristiche distintive possiede un gruppo proattivo?

Il principale elemento identificativo di gruppi che rigenerano costantemente la loro forma perseguendo obiettivi mutevoli, è la capacità di interazione basata sulla disponibilità al sacrificio di ogni membro nei confronti degli altri.

Ovviamente, non vi deve essere l’annientamento della propria personalità in favore dell’attività di gruppo.

Tutt’altro.

È esprimendo la propria autenticità e mettendola al servizio degli altri, senza arroganza, che manteniamo i contorni definiti di ogni singolo “pezzo del puzzle” che permette la creazione di un disegno tanto imprevedibile, quanto affascinante.

Quindi è inutile mutare la propria essenza a favore di uno scopo supremo del gruppo, ma è fondamentale far aderire le nostre competenze e le nostre attitudini a quelle degli altri.

Se questa è la parte positiva, proviamo ora ad analizzare l’espressione negativa che potrebbe insinuarsi all’interno di un gruppo:

 

Quali sono i principali problemi che rendono un team non performante?

Per riflesso rispetto a quanto espresso nella declinazione proattiva, sicuramente possiamo individuare nell’egoismo la principale causa di fallimento di un progetto condiviso.

Un altro elemento su cui focalizzarci è la scarsa consapevolezza dei partecipanti al team delle loro specifiche competenze e attitudini e, altresì, di cosa dovrebbero mettere in atto per adeguarle alle esigenze del gruppo.

In ultima analisi, un’altra causa di fallimento di un gruppo di lavoro è l’anarchia, cioè l’assenza di regole condivise e chiare che permettano ai partecipanti, in modi e tempi specifici, di esprimere il loro massimo potenziale.

Come avete potuto osservare vi è la necessità, in quasi tutti i gruppi di lavoro, della presenza di un leader che, a seconda della propria competenza e della necessità di performance del team, coordini l’evoluzione del progetto condiviso.

 

Quali devono essere le caratteristiche di chi guida un team?

La risposta a questa domanda è molto complicata perché dipende, oltre che da tutte le variabili sopra citate, anche dal tipo di leadership che il responsabile è in grado di esprimere, sia istintivamente che per approfondimento specifico.

Possiamo però dire che le caratteristiche principali di chi coordina un gruppo sono:

  • La flessibilità necessaria a far aderire le esigenze di performance alle varie personalità espresse all’interno del gruppo.
  • La capacità di motivazione orientata a far esprimere al meglio le attitudini di ogni singolo membro a favore di un obiettivo comune.

Nei gruppi in cui vi è una leadership debole i membri potrebbero sentirsi confusi, potrebbero alienarsi, imporsi o andare a velocità diverse. Questi sono tutti elementi che, quanto meno, sono fonte di distrazione rispetto al raggiungimento dell’obiettivo di gruppo e all’evoluzione personale del singolo.

 

Come si può intervenire per rimediare alla mancanza di leadership?

La situazione più immediata, drastica e per qualche verso insicura nell’esito, è la sostituzione del leader.

È una scelta difficile, che va ponderata con attenzione e che deve essere emanata con grande determinazione, coinvolgendo preventivamente i membri del gruppo al fine di condividere la scelta e utilizzare questa attività di sostituzione come responsabilizzazione del gruppo stesso.

In altri casi, è possibile intervenire con consulenti esterni che, attraverso programmi formativi specifici di leadership e followship, cerchino di rimotivare e rinsaldare il gruppo puntando a un riequilibrio dei ruoli e a un rafforzamento degli obiettivi.

L’attivazione della prima ipotesi (sostituzione del leader) rispetto alla seconda (intervento esterno di coordinamento temporaneo) dipende da quanto siano deteriorati i rapporti all’interno del gruppo e da quanto tempo rimane per il raggiungimento dell’obiettivo condiviso.

La discrezione di questi interventi ovviamente è applicabile laddove vi sia un organo superiore che possa decidere esternamente per il gruppo, ad esempio la Proprietà o la Direzione Generale di un’azienda nei confronti di un determinato settore.

Vorrei però porre l’attenzione anche al disagio che potrebbe vivere un singolo membro del gruppo senza avere l’autorità di poter mettere in evidenza le discrasie che nota dal suo punto di vista e il malessere che esso stesso vive.

 

Come si deve comportare un partecipante che vive delle problematiche all’interno del team?

Innanzitutto deve definire se è il gruppo a non essere adeguato a lui o se è lui a non essere adeguato al gruppo. Questa potrebbe apparire una banalità, ma in realtà riconduciamo la riflessione a uno dei concetti più pregnanti espressi in precedenza: la consapevolezza.

Quanto più il soggetto è consapevole delle proprie competenze e attitudini quanto più sarà agevolato nel trovare una risposta alla domanda precedente.

Laddove quindi la mancata performance all’interno del gruppo risultasse una sua responsabilità, dovrebbe esprimere con onestà intellettuale il disagio che vive al fine di evitare inutili esasperazioni conflittuali derivanti dal trascinamento di questa infelicità latente, rimettendosi alla decisione del leader o del gruppo stesso rispetto alla sua permanenza.

Nel caso invece vi fosse un evidente carenza di leadership o incapacità da parte di altri membri del gruppo, con la stessa trasparenza e proattività, dovrebbe lavorare nel modo meno conflittale possibile al fine di poter ottimizzare i processi e, qualora questo non dovesse avvenire, uscire autonomamente dal gruppo adducendo le giuste motivazioni.

Mi rendo conto che quanto espresso deve tenere conto di elementi economici, di necessità di vita e professionali, ma ho voluto esprimere le modalità migliori con cui approcciare le problematiche che ogni giorno siamo chiamati ad affrontare nella necessità di collaborare tipica della natura sinergica degli esseri umani.

Applicare in tutto, o in parte, i consigli che umilmente ho voluto trasmettervi significa, prima di ogni altra cosa, dare dignità a se stessi ed essere parte integrante di un sistema, qualsiasi esso sia, in modo proattivo e arricchente.

Fare parte di un gruppo di lavoro non significa condividere un percorso, ma partecipare attivamente all’espressione più grande della magia dello stare insieme.

 

Stefano Pigolotti